Gli
ultimi fuochi dei carraciuni incominciano a spegnersi e l'acre
odore dei tizzoni arsi si perde nella frizzante aria delle mattine di primavera.
La città dorme ancora esausta dopo la grande tensione della processione del
Cristo Morto, quando per le strade incominciano ad aggirarsi altri confratelli e
tante donne vestite di nero e con enormi candele tra le mani, che, dopo appena
poche ore di sonno, si preparano all'ultimo atto dei riti penitenziali.
La processione del gruppo della Deposizione e della Pietà, che occupa la mattina
di questo giorno impegnando tutta la popolazione aurunca, è forse quella
emotivamente più intensa, certamente suggestiva è la partecipazione di tantissime
donne alluttate. Il gruppo della Deposizione noto a Sessa Aurunca col nome di
Mistero di San Carlo, ripropone l'immagine scenica del Calvario:
Giuseppe D'Arimatea e Giovanni Nicodemo tolgono il corpo di Cristo dalla Croce e
lo consegnano alla Madre, che insieme alla Maddalena ed ad un altro personaggio
completa la scena. L'altro gruppo, portato in processione dai confratelli della
confraternita di Santa Maria del Rifugio è quello della Pietà, chiamato a Sessa
semplicemente l'Addolorata e rievoca l'abbraccio materno e
doloroso della Vergine che raccoglie il Corpo di Cristo deposto. Questo Cristo,
a differenza di tutti gli altri, non è di cartapesta ma è ricavato da un unico
tronco d'olivo la cui lavorazione è attribuita dalla tradizione alla mano di un
ergastolano pentito.
Anticamente le due processioni procedevano divise in due distinti cortei
processionali e la tradizione voleva che non dovessero mai incontrarsi,
pena gravi calamità per la Città. Dal 1968 le due processioni procedono
unificate in un unico corteo nel quale la
confraternita di San Carlo col Mistero della Deposizione precede quella di Santa
Maria del Rifugio col mistero della Pietà.
Dopo che entrambi i cortei si
unificano all'altezza di Via Roma, la grande processione inizia il proprio
percorso che è simile a quello della processione del Venerdì Santo, ma con
alcune soste. Molte sono le differenze tra questa processione e quella del
Venerdì Santo. Innanzitutto i Misteri del Sabato sono portati a spalla da molti
confratelli (circa 25 per ogni mistero a differenza di quelli del venerdì); i
confratelli, pur vestendo l'abito confraternale non portano il cappuccio
abbassato; non c'è il canto del Miserere, caratteristica dell'Arciconfraternita
del SS. Crocifisso e quindi della sola processione del Venerdì Santo; non ci
sono i carraciuni (i grandi falò rionali) e neanche le odorose camelie; c'è una
minore presenza di confratelli vestiti e partecipanti al corteo; infine, c'è una
maggiore presenza di donne alluttate che seguono come ex voto la processione (soprattutto
l'Addolorata).
Per il resto tutto è uguale: il tragitto, la cunnulella, la durata della
processione, le marce funebri, la partecipazione popolare. Ma la caratteristica
più suggestiva di questa processione è indubbiamente la presenza delle donne "alluttate
e scauze" che provenienti da tutta Italia ed Europa, tornano nella loro terra
per perpetuare la loro promessa, il loro Voto; ogni anno si conquistano sempre
lo stesso posto al fianco o addirittura "sotto il Calvario", cercando così un
magico contatto fisico con la statua.
I due Misteri, dopo aver percorso le vie della Città con incedere lento, "cunnuliato"
dalla Banda, che ha ripetuto il repertorio di marce funebri della sera
precedente, fanno ritorno alle rispettive chiese. Frattanto, i confratelli dispensano ai partecipanti i candelotti degli ex voto
donati dalle donne alluttate, nonché la ruta, l'erba dall'acre odore che "ogni
male stuta" (tutti li conserveranno gelosamente per l'intero anno). Conclusasi
questa processione, si può veramente dire che la Pasqua, quella triste e
penitenziale che caratterizza Sessa Aurunca, è ormai veramente passata. L'ultima
nota della marcia funebre si spegne nell'ottone antico dei musicanti e ciascuno
ripone quest'ultima Settimana Santa nel bagaglio dei propri ricordi.
Testo tratto da P. Perrotta, La
Settimana Santa a Sessa Aurunca, Ferrara, 1986