Il Venerdì Santo, che è certamente il giorno più importante
di tutta la Settimana Santa, al primo fare del giorno ogni sessano scruta il
cielo per accertarsi delle condizioni del tempo e, mentre nelle strade fervono
gli ultimi preparativi, nelle case le donne stirano "le vesti" che si
indosseranno nella processione della sera. Per i più piccoli si completa l'allestimento
del vestito di angelo, sistemando le piume delle ali e la navetta dell'incenso,
per le donne si stira il camice nero, mentre si preparano i cappucci ed i camici
dei confratelli del SS. Crocifisso. Venerdì è giorno di magro e di digiuno, la
tradizione vuole che nelle case non si ramazzi né si allestisca il desco per il
pranzo. E' consentito solo dopo il rito processionale mangiare un cibo di magro
con "gli scagliuozzi". Oggi come ieri, anzi meglio di ieri, i figli come i loro
padri vivono momenti di grande commozione quando sul far della sera, nell'aria
tiepida della primavera, il cielo arrossato dal tramonto, la banda intona le
prime note di una marcia funebre, sempre la stessa, per annunziare l'imminente
uscita della processione. Ormai la scena è pronta: la gente brulica per le
strade, sulle finestre cominciano ad ardere i primi lumicini che fanno da
contrappunto al bagliore dei carraciuni e, mentre lo stendardo nero
dell'Arciconfraternita del SS. Crocifisso comincia a far capolino dal portale
della Chiesa e la banda intona le prime note della Marcia Funebre Lugete Veneres,
gli incappucciati escono disponendosi in fila per due. Procedono tra due ali di
folla, quasi a delimitare con un cordone nero l'azione scenica, riproponendosi
come tramite tra la folla ed i gruppi plastici dei Misteri che compongono la
processione.
Una emozione strana pervade tutti.
La piazza è calata nel silenzio
rotto dalle note della marcia funebre, un brivido serpiginoso corre lungo la
schiena, le lacrime rigano i volti di quanti, anno dopo anno, affidano le loro
speranze, le loro ansie ed anche i loro ringraziamenti al Cristo Morto al quale
sono sempre grati per aver loro concesso la gioia ancora una volta di vedere
questa processione.
Verso
le diciannove finalmente ha inizio la sacra cerimonia: le statue vengono
sollevate e portate a spalla e già dai primi passi, dentro la Chiesa, ha inizio
la caratteristica "cunnulella", movimento
dondolante e sincrono delle spalle e di tutta la persona. Il nero stendardo, con
le insegne della confraternita, fa capolino alla porta della chiesa, avvolto in
senso di lutto per la morte di Cristo. Seguono altri confratelli incappucciati,
disposti in fila e con le fiaccole accese. Ma ecco che dalla Chiesa iniziano ad
uscire i Misteri con la caratteristica cunnulella. Il primo mistero si affaccia
al portone; è la raffigurazione del primo Mistero doloroso, cioè Gesù nell'Orto
del Getsemani con l'Angelo che gli offre il calice. Questo Mistero è
caratterizzato dalla mastodonticità del complesso e perciò risulta anche molto
più pesante degli altri. Attorno ad ogni statua vi sono quattro angioletti di
cartapesta che recano simboli della passione e quattro lanterne con le candele
accese all'interno. Il secondo Mistero riproduce Gesù flagellato alla colonna.
Il terzo Mistero è l'Ecce Homo, cioè Gesù, incoronato di spine, seduto su uno sgabello con le mani
legate e con una canna fra le stesse.
Infine
c'è il quarto Mistero, rievocante la seconda caduta di Gesù, sotto la pesante
Croce, lungo la via del Calvario. Dopo i Misteri viene portata da un confratello
una grossa Croce sulla quale sono posti tutti i simboli principali della
passione. Segue il Cristo Morto, ricoperto da odorose camelie e da aromatica
ruta ed adagiato su una bara di legno. L'onore di portare la bara con il Cristo
morto è riservato esclusivamente a confratelli anziani. Chiudono il corteo le
Tre Marie, cioè tre statue riproducenti la Vergine Addolorata ed altre due donne
(certamente Maria Maddalena ed un'altra persona). Le Tre Marie indossano
preziosi abiti neri e gioielli offerti dal popolo. In segno di penitenza i
fratelli portano il volto coperto dal cappuccio bucato all'altezza degli occhi,
e così vestiti, disposti dietro lo stendardo aperto al vento e tenuto da due
giovani partecipanti, procedono in fila per due con le torce accese. Il corteo è
seguito da una gran quantità di donne alluttate e scalze, che, recando pesanti
ceri, pregano il Cristo affinché conceda loro la grazia richiesta.
I gruppi
statuari realizzati in cartapesta rivelano un pathos che sembra emergere dalle
masse muscolari per stamparsi sul volto di Cristo e poi riflettersi per una
antica discendenza ancestrale nella folla che immensa partecipa alla
manifestazione. L'autore dei Misteri non è noto ma potrebbe
essere o un artigiano locale perfezionatosi presso qualche scuola del primo
barocco o qualche artista sodale delle varie scuole o "botteghe" esistenti a
Napoli verso la fine del seicento. L'incedere lento, ritmico, ondeggiante dei
misteri è preannunziato dal lugubre suono di una
cornetta che, suonata da un confratello fin dal mattino, prepara gli animi al
passaggio del Cristo Morto. Per capire le caratteristiche di questo suonatore di
tromba è emblematica la descrizione di questo personaggio fatta da Pasquale De
Luca: "Il corteo è preceduto dal consueto suonatore di tromba, che si avanza
pianino pianino cominciando con una nota sommessa, flebile, commovente ed
allargandola via via con uno stridore aspro e prolungato, il suono che nei
barbari tempi annunziava l'approssimarsi dei giustiziandi.".
Ormai la processione ha assunto il suo aspetto classico. Al suo passaggio lento, cullato
dal suono delle marce funebri eseguite dalla banda cittadina, diventata ormai
esecutrice di un repertorio secolare,
si accendono i carraciuni (enormi falò formati da fascine raccolte e allestite
nei vari quartieri in cui passa la processione); nel frattempo dagli angoli più
angusti dei portali durazzeschi o catalani del centro storico i tre cantori del
Miserere uniscono le loro teste e si levano le lamentose note del canto. Dopo
aver attraversato via delle Terme e l'angusta via Paolini, la processione giunge
alla Cattedrale ed attraverso via Garibaldi arriva in piazza. Va poi nel rione
San Leo, risale nella piazza Mercato per poi ridiscendere lungo Corso Lucilio
diretta alla Chiesa. La strada del ritorno è certamente quella più suggestiva,
la più toccante e romantica: i gruppi si dispongono l'uno dietro l'altro mentre
riecheggiano il Canto del Miserere e la Marcia Funebre Vella (dal nome dell'autore).
Si scandisce così il tempo di un altro anno che passa con tutto il
dolore e l'angoscia che sembra emergere dagli ottoni della banda.r>Le
spalle sono ormai stanche, ma i Misteri sono cullati con la stessa passione e
per percorrere qualche centinaio di metri si impiegano ore. Infatti, durante il percorso i confratelli ripropongono la tradizionale Cunnulella con il
classico incedere di due passi avanti e uno indietro in uso nei tempi passati. Le ore della notte avanzano, la processione tende a ritornare alla chiesa di San
Giovanni a Villa. Certamente il rientro è il momento più bello in quanto ognuno
in pochi attimi fa un rapido esame di coscienza: un altro anno è passato, il
rito è ormai consumato. Si vorrebbe che questi momenti non passassero mai. E
quando l'ultimo dei misteri ha raggiunto il suo posto nella Chiesa vuol dire che
il sipario è veramente calato: la scena si svuota, la casa di Dio, serrando il
pesante portale, si chiude nel suo dolore per la morte del Figlio.
Nel 1999 e nel 2009, la Processione dei Misteri del Venerdì Santo ed il canto
del Miserere sono stati ripresi dalle telecamere di RAI2 prima per la trasmissione "Millennium"
di don Giovanni D'Ercole e poi per il TG2.
Testo tratto da P. Perrotta, La
Settimana Santa a Sessa Aurunca, Ferrara, 1986