Il primo restauro dei misteri documentato risale al 1904.
Dal 1899 al 1903 la confraternita del SS. Crocifisso fu commissariata
dall’autorità regia, a causa di irregolarità verificatesi durante un’assemblea
del 1899, chiamata a deliberare sull’ammissione di nuovi confratelli.
Commissario regio fu nominato il confratello Antonio Ferrara, che si limitò a
compiere solo atti di ordinaria amministrazione.
Il 13 marzo 1903, chiusasi la breve esperienza commissariale, si riunì la nuova
amministrazione composta dal priore Giuseppe Aurola (nonno del nostro attuale
cassiere Antonio) e dagli assistenti Francesco Brini (1° assistente) e Stoto
Michele (2° assistente). Fin dalla prima riunione di questo consiglio apparve
chiaro come il priore intendesse porre al primo posto del programma
dell’amministrazione la cura ed il recupero del patrimonio storico ed artistico
della confraternita, in primis dei misteri (per chiarezza va detto che le
precedenti amministrazioni erano poco o per nulla sensibili a questo problema e
si occupavano principalmente della cura del patrimonio immobiliare della
congrega). Nella prima assemblea, datata 26 Aprile 1903, il priore, in
un’accorata relazione, fece presente lo stato di assoluto degrado in cui
versavano le statue e che addirittura metteva in serio pericolo la loro
stabilità strutturale. Si legge: “I misteri sono ridotti in tale stato
d’indecenza da costituire un oltraggio alla religione ed un’offesa al decoro di
questa Arciconfraternita. Propongo, quindi, che essi siano riparati o fatti di
nuovo. A tal scopo, nominerò una commissione di confratelli competenti i quali
riferiranno sul da farsi e sulla spesa da occorrere, salvo interrogare persone
dell’ente (del Monte dei Morti)”. La confraternita approvò
all’unanimità la proposta del priore, scegliendo la strada della riparazione e
conferendogli la potestà di nominare la commissione. A riprova di questo
incondizionato appoggio i confratelli autorizzarono uno stanziamento
straordinario di cassa di £ 1200. La nomina della commissione fu però comunicata
in una successiva riunione; nel frattempo sopraggiunse la Pasqua ed il progetto
fu accantonato. Dopo la quaresima, e precisamente il 28 giugno 1903, il priore
comunicò all’assemblea di aver nominato la commissione nelle persone di: Ing.
Di Lorenzo, Cecere, Struffi Girolamo, Sorrentino Raffaele, Daniele Marotta,
Antonio Di Transo, Loffredo Anna, Raffaele D’Ari e Picazio Nicola. Nella
stessa seduta, avvertì i confratelli di aver ricevuto una valutazione
preliminare dal Laboratorio Manzi e che il Consiglio aveva prudentemente
stabilito di richiedere anche dei bozzetti nonché di limitare la spesa il più
possibile. L’assemblea, dopo vivace discussione, incaricò il priore, previa
approvazione della spesa necessaria, di far realizzare delle fotografie dei
misteri da inviare per posta al suddetto laboratorio, nonché ad altri artigiani
napoletani e locali, al fine di avere un loro parere tecnico (da verifiche
effettuate risulta che il laboratorio Manzi avesse proposto la ricostruzione ex
novo delle statue ma richiedendo un prezzo esagerato e la distruzione dei vecchi
misteri per riutilizzarne il materiale residuo). Fu
così che giunsero altri preventivi e l’assemblea, chiamata a valutarli, prese
atto che le cifre erano esagerate e le richieste logistiche inaccettabili (si
richiedeva il trasferimento delle statue nei laboratori
napoletani dei sopraccitati maestri); il Monte dei Morti (l’ente, nei verbali)
non trovavasi in buone condizioni di cassa e non poteva dunque versare alcun
contributo pertanto i lavori vennero ulteriormente rinviati. Solo prima della
quaresima 1904, esattamente il giorno 6 marzo, l’assemblea approvò il
preventivo presentato dalla ditta Gennaro Pappadia, statuario di Napoli
(precisamente di S. Gregorio Armeno, dove probabilmente tuttora esercitano i
suoi eredi) disposto a realizzare il restauro per un massimo importo di £ 500
(escluse £ 50 di spese di trasporto ed alloggio per il Maestro ed i suoi giovani
operai, disponibili a realizzare il restauro nella chiesa stessa). Il tempo
disponibile era davvero poco perché il lavoro doveva essere ultimato entro la
domenica delle palme (cioè in meno di un mese perché la Pasqua cadeva nella
prima settimana di aprile). Ciò nonostante, i lavori furono condotti in modo
scrupoloso, tanto è che per cinquanta anni non fu necessario effettuare altri
interventi; infatti, da materiale fotografico in nostro possesso, risalente al
periodo compreso fra il 1925 ed il 1945 (quindi alcuni decenni dopo il
restauro), i misteri appaiono ancora in ottimo stato.
Ma il restauro non era
ancora completo, non essendo state ristrutturate le Tre Marie. Il 20 marzo
1911, sotto il priorato di Nicola Riccio, si riunì l’amministrazione nelle
persone del suddetto, del I° assistente Izzo Pasquale e del segretario Marotta,
per deliberare il restauro delle Tre Marie che, si legge: “sono tutte lacere
e bisogna provvedere assolutamente alla loro rinnovazione prima della
processione del Giovedì Santo”. Si offrì di curare la restauro delle vesti
il confratello Gennaro Marchegiano, disponibile a fornire la stoffa necessaria e
ad anticipare la spesa per la manifattura. Il lavoro venne a costare circa £ 70,
che furono liquidate in due rate annuali. Per il successivo
intervento bisognerà attendere fino al 1956-57!.
La necessità di procedere al restauro era già avvertita verso la fine degli anni
40 – inizio anni 50, ma le ristrettezze di cassa e le alterne vicende di quegli
anni (la guerra, il trasferimento dei misteri nella Chiesa di S. Anna ecc.) non
fecero concretizzare il progetto. In via preliminare bisognava sistemare il
Cristo Morto, che oltre ad essere rovinato non trovava una sistemazione stabile
nella chiesa. Questa volta, però, promotrice del restauro fu la congregazione del Monte dei Morti (che fino al 1966 aveva una distinta
amministrazione rispetto all’arciconfraternita del SS. Crocifisso). Il 15 Marzo
1953 il consiglio di amministrazione del Monte, presieduto dal rettore Marotta
Francesco, deliberò l’acquisto dei paramenti per la Croce e la ripulitura, con
relativo ritocco, del Cristo Morto, nonché la realizzazione di uno “scarabattolo
per lo stesso” da sistemarsi in Chiesa “nel modo migliore possibile”.
Questa delibera restò inattuata per carenza di fondi, tanto è che fu convocata
un’assemblea straordinaria, il 18 ottobre 1953, che autorizzò l’amministrazione
a studiare, di concerto con il Crocifisso, tutte le soluzioni possibili,
“anche la colletta”. Ma la situazione non si sbloccò fino al 1956. Il 15
maggio 1955 fu eletto rettore il confratello Polito Eugenio, che durante la
prima riunione del 14 settembre 1955 proponeva al consiglio: “di accordo con
il Padre Spirituale P. Rufino Di Somma vorremmo sistemare in modo definitivo e
degno il Cristo Morto e cioè situare la statua medesima sotto l’altare dell’Ente
(quello nella cappella a destra dell’altare maggiore, mentre quello a
sinistra è del SS Crocifisso) nella Chiesa di S. Giovanni, togliendo ogni
causa probabile di umidità, rivestire la nicchia di velluto nero ed inserire una
illuminazione civile che permetta al Padre Spirituale di intensificare il culto
e la devozione per Gesù Morto”. I lavori furono approvati e realizzati prima
della quaresima 1956 e commissionati al Maestro Mormile di Napoli; per
ricordarli furono stampate delle figurine raffiguranti il Cristo Morto
(riportanti una bella preghiera dell’allora Vescovo di Sessa Aurunca Mons.
Gaetano De Cicco) ed esse cartoline furono inviate a tutti i fratelli e fedeli (anche
emigrati all’estero) al fine di raccogliere le offerte necessarie a
restaurare le altre statue. Addirittura, furono stampati dei biglietti, stile
lotteria, per favorire la pubblica oblazione. Il nostro confratello Tonino
Aurola ci racconta che il padre, l’indimenticabile Ariosto, nei giorni
precedenti la processione del 1956, “si rintanava in chiesa e con un grande
ventilatore cercava di accelerare il processo di asciugatura dello stucco e dei
colori del Cristo Morto preoccupato che non fosse ultimato per le funzioni della
Settimana Santa”. Il 14 maggio 1957,
l’assemblea approvò il completamento dei lavori di restauro, affidandoli allo
scultore Giuseppe Pizza (nipote dell’allora padre guardiano del convento
francescano, Padre Pizza) per £ 180.000 da versarsi in tre rate annuali.
Esaminiamo le fasi di
questo restauro. In primo luogo gli
angioletti furono ricoperti con dei pannetti, mentre prima erano ignudi. Ciò
perché Padre Pizza li riteneva “sconci ed un’offesa alla morale pubblica!”.
In secondo luogo furono eliminati i candelieri a saetta presenti sulle pedane
dei 4 misteri. Anche le parti lignee furono ritoccate, unitamente alla bara del
Cristo Morto che fu ricostruita dall’artigiano Eduardo Zincone. Ma a questo
punto accade qualcosa di strano: proviamo a ricostruire gli eventi. Il maestro
Pizza dovette deludere le aspettative, o forse fu impossibilitato a completare
l’opera, fatto sta che nel 1958 fu chiamato a completare il lavoro il maestro
Michelangelo Boffa di Formia, che in quel periodo stava restaurando il mistero
di San Carlo (restauro, questo, ultimato il 18 marzo 1959). Il maestro modificò,
in parte, l’aspetto estetico dei misteri aggiungendo sulle ferite molto sangue
che poi fu eliminato nel restauro del 1986. In generale, questo intervento
alterò non poco l’aspetto dei misteri (soprattutto del II° e del III°) e per
questo non riscosse molto entusiasmo fra i confratelli e la popolazione.
Emblematico è il fatto che furono raccolte poche offerte pro restauro, come si
evince dai registri. In particolare, e
per completezza nel lavoro, oltre alle modifiche già dette va ricordata
l’incoronazione di spine del II° Mistero e l’inserimento di ferite sulle
ginocchia del II° e del III° Mistero; il tutto non rispondente alla realtà dei fatti come documentati nelle Scritture.
Dopo la lunga esperienza
commissariale (1966-82) i misteri versavano in una situazione abbastanza
delicata. Pressoché abbandonati per quasi trenta anni, necessitavano di un
intervento che ne garantisse la resistenza agli agenti atmosferici nonché la
stabilità strutturale. Inoltre, era sempre nelle intenzioni dei confratelli
rimuovere i segni del restauro del 1957, che, come detto, aveva alterato non
poco l’aspetto estetico delle statue. L’amministrazione eletta nel novembre 1984
e presieduta da Vincenzo Ago, dopo diverse ricerche (durate quasi un anno)
incaricò il Maestro Vincenzo Violone, sessano emigrato in America. L’esperto ed
anziano Violone, che usava trascorrere lunghi periodi dell’anno a Sessa Aurunca,
ospite dei suoi cugini Fiordaliso, accettò di buon grado l’incarico,
sottoscrivendo il contratto il 9 dicembre 1985 per un compenso di £ 4.000.000.
Anche in questo caso fu nominata una commissione di controllo (formata dai
confratelli Leonida Di Tora, Emilio Galletta, Antonio Varone, nonché dagli
amministratori Vincenzo Ago, Antonio Aurola, De Angelis Giuseppe, Alessandro
Tommasino, Achille Maria Vellucci e da Padre Ignazio de Cesare) ed i lavori,
terminati entro la quaresima 1986, furono svolti con tale maestria e spirito di
disponibilità (tutte le spese furono a carico del Violone, che fece anche
diversi interventi non previsti, senza ulteriori addebiti) che il Consiglio
premiò il Maestro con il titolo di confratello onorario. Il restauro interessò
statue ed angioletti. Per prima cosa furono rinforzate le strutture portanti con
innesti di resina e copertura in vetroresina. Furono poi eliminati gli strati di
ridipintura e le modificazioni del precedente restauro; infine furono effettuati
piccoli interventi anatomici laddove necessario e completata la pitturazione con
prodotti idrorepellenti. In questo modo i misteri
riacquistarono, almeno in parte, il loro aspetto originale e poterono resistere
alle avverse condizioni meteorologiche delle processioni successive. Il
Violone ritoccò di nuovo le statue nel settembre 1994, ma in questo caso
l’intervento fu marginale e soprattutto di tipo conservativo.
Tratto da
P. Ago, Il Confratello - notiziario dell'Arciconfraternita del SS. Crocifisso e Monte dei Morti
di Sessa Aurunca -
Anno II - n. 3, Sessa Aurunca, 2003