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Sei in: Home > Curiosità > Articoli > La nostra Quaresima... Intenderla non può chi non la vive!
La nostra Quaresima... Intenderla non può chi non la vive!
 
Dal latino “quadragesima”, femminile sostantivo dell’aggettivo “quadragesimus”, quarantesimo; quindi: quarantesimo giorno. Nell’anno liturgico prende questo nome un periodo di quaranta giorni dedicato al digiuno ed all’astinenza, in preparazione della Pasqua ed in memoria dei quaranta giorni di digiuno osservati da Gesù prima di iniziare il suo ministero. Questo periodo va dal mercoledì delle Ceneri al sabato santo: in realtà sono 46 giorni, poiché oltre alle 6 settimane iniziali (che andavano dalla prima settimana di Quaresima al sabato santo) ne furono aggiunti quattro per far sì che, sottraendo le Domeniche (in cui non si digiuna), i giorni della settimana restassero quaranta.
La Chiesa considera tutto il tempo della Quaresima come tempo particolarmente propizio per preparare la degna celebrazione della Pasqua. L’osservanza del digiuno, rigorosissima nei primi tempi, è ora facilmente commutata in altre opere meritorie, come preghiere, elemosine, sacrifici di cose superflue.
Se per la Chiesa il periodo quaresimale è importante, esso è certamente il più sentito ed amato dai sessani tutti, ma in particolare dagli appartenenti alle confraternite e segnatamente da noi dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso. Solo chi lo vive direttamente ed intensamente (lo “prova” cioè) può comprenderlo ed apprezzarlo.
La Quaresima la “percepiamo” già dai giorni immediatamente seguenti l’Epifania. L’indimenticabile ed amato confratello Renato Cecere ne scandiva i tempi durante tutto l’anno e, quando lo si salutava, soleva rispondere, dopo aver ricambiato il saluto:” meno 46 – meno 21 ecc. “ e si capiva subito che si riferiva ai giorni che ancora mancavano al mercoledì  delle Ceneri. Ancora oggi, tra molti giovani innamorati del periodo, è in uso un saluto di tal fatta ed il sito internet della Settimana Santa ricorda, in tutto l’anno, quanti giorni ci separano dalla Quaresima e dalla sua settimana finale. Lo stesso martedì di carnevale, altrove atteso per le sue feste e divertimenti, è gradito a noi soprattutto perché rappresenta l’ultimo giorno di “astinenza” dal Miserere, dal Benedictus e dalle marce funebri.
Quando il mercoledì si comincia  si ha la sensazione palpabile che il tempo sia diverso dal solito, e che, al di là delle normali occupazioni di lavoro o familiari, il resto della giornata lo si possa e lo si debba  dedicare alle attività confraternali che preparano i sermoni dei venerdì di marzo, la via Crucis, l’Ufficio delle Tenebre e le Processioni. Già  la sera  del mercoledì, durante la prima delle agapi fraterne, si riprende a cantare. Ci si rende subito conto se ci sono stati gli inevitabili “guasti” del tempo o se, nonostante tutto, le voci sono rimaste valide, pur constatando la necessità di eliminare le “incrostature” provocate da un silenzio protrattosi per  almeno dieci mesi. E mai, come in questi primi momenti, ci si emoziona e si sente la pelle accapponarsi alle prime “botte” del Miserere, alle prime”esecuzioni” delle marce funebri o ai primi accenni al Benedictus. La gioia e l’entusiasmo si accrescono, poi, allorché si va a portare il saluto di “inizio”lungo le strade del nostro bellissimo centro storico. Quando si vedono accendere le luci dietro le finestre o aprire qualche portone, per invitare ad un bicchiere di vino, si ha la riprova che anche chi non è parte diretta di questa splendida e mistica dimensione, la ama profondamente e vuole esserne assorbito.
Passano solo tre giorni e si è già alla Domenica. Da oltre sessanta anni la Via Crucis, musicata da Padre Serafino Marinosci, viene eseguita con grande  amore e trasporto dalla schola cantorum dell’Arciconfraternita (e subito il pensiero corre agli assolo magistrali del compianto ed indimenticato Tonino Cornelio, o alle esecuzioni  perfette e commoventi di Felicetto Polito, Emilio Galletta, Umberto Valletta). Ormai le 5 Domeniche che precedono la Settimana Santa sono diventate un’ulteriore occasione di preghiera comunitaria, sia per l’Arciconfraternita che per quanti frequentano la nostra splendida Chiesa.
Si arriva, quindi, al 1° Venerdì di marzo che, quando la Pasqua è “alta”, cioè posteriore al 15 aprile,è addirittura precedente la Domenica e la Via Crucis. Nell’affollata Chiesa di S. Giovanni a Villa si tiene il Sermone per la esposizione del 1° Mistero, con la recita del S. Rosario, la celebrazione della S. Messa, l’omelia ed infine il Miserere (sola occasione in cui i trii sono accompagnati dall’harmonium). Al termine della bella cerimonia ci si ritrova a casa di qualche confratello per una nuova agape fraterna che, tra un pezzo di baccalà ed un buon bicchiere di vino, vede tutti esibirsi nuovamente nel Miserere, negli altri canti quaresimali e nelle più note marce funebri. Si discute dei problemi dell’Arciconfraternita, si raccontano aneddoti dei tempi passati che vedevano protagonisti confratelli che ci hanno lasciato, si fanno proposte per migliorare la Processione dei Misteri, si “battezza” qualcuno degli estranei presenti con il famoso “santu Lazzaro”. Alla fine, tutti insieme, si ritorna lungo le strade del centro, dove si continua a cantare fino a notte inoltrata. E’ commovente, perché è una bellissima innovazione abbastanza recente, vedere insieme, attraverso i nostri vicoli, gli anziani ed i giovanissimi, affratellati, oltre che dallo stesso “distintivo”, dall’amore sviscerato per i canti e le marce.
Sarà così per tutti gli altri venerdì che precedono la Domenica delle Palme ed in cui verranno esposti, uno per volta, gli altri Misteri. Durante uno di questi venerdì vi sarà anche il Precetto pasquale  e, talora, la vestizione di nuovi confratelli.
Si assiste, quindi, ad un crescendo di partecipazione e di impegno in tutte le attività, che ha poi il suo culmine nella Settimana Santa. Sarebbe troppo lunga descriverla in tutte le sue sfaccettature ed in tutti i suoi momenti, ma non si può tralasciare di ricordare quelli più salienti: le Processioni penitenziali, l’Ufficio delle Tenebre, la Processione dei Misteri, le Processioni del sabato.
Durante la Settimana Santa si ha la sensazione che anche l’aria che si respira è diversa. Sarà forse il profumo dell’incenso che si sente durante le Processioni, sarà l’altrettanto gradevole profumo di pastiere che si avverte quando si passa attraverso le strade del centro storico, sarà certamente il penetrante ed acre odore della ruta o delle camelie, che si preparano per poterle distribuire alla fine di ogni Processione. Sta di fatto che tutto sembra fare da cornice agli straordinari momenti che si vivono dal Lunedì al Sabato santo.
Le Processioni penitenziali, che vedono lungo le strade di Sessa, dal Lunedì al Mercoledì pomeriggio, le sei confraternite oggi attive, scandiscono i tempi di questi primi tre giorni ed avvicinano gradatamente al clou delle due ultime giornate. I bellissimi canti del Benedictus e del Te Deum anticipano, però, quelli splendidi ed unici dell’Ufficio delle Tenebre del Mercoledì sera. Durante una funzione ricca di misticismo, le Lamentazioni, i Trattati, le Epistole, il Miserere ed il Benedictus fanno vivere momenti di profonda commozione e di intenso turbamento fino a quando si spegne  l’ultima candela della saetta e si fa il caratteristico rumore del “terremoto”. E gli auguri che i confratelli si scambiano alla fine della struggente cerimonia rappresentano proprio il convincimento di aver vissuto una occasione di grandissima religiosità, che si spera di poter rivivere ancora per molti anni.
Ma ormai la Quaresima, la “nostra” Quaresima, volge al termine. Come in un crescendo rossiniano, il finale è un momento nel quale confluiscono tutti gli elementi che la avevano caratterizzata: la preghiera, il canto, la Processione, la musica, la tristezza, l’affetto fraterno, l’amore per il Cristo sofferente. Non sarò io a descrivere ancora una volta la bellezza unica della Processione dei Misteri o di quelle dell’Addolorata e di S. Carlo, perché vi hanno provveduto scrittori molto più bravi di me ed anche perché occorrerebbe un intero numero del giornale; voglio solo ricordare le frase che si sente pronunciare quando la banda musicale ha ultimato l’ultima marcia funebre ed i confratelli hanno riposto le statue nelle loro rispettive Chiese: “ Buone feste fatte! “. E’ la frase che, nel racchiudere un augurio di bene e salute, vuole esprimere il rammarico per la fine del periodo più amato dell’anno. Amato tanto, che il famoso detto: ”Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi” può essere da noi sessani, confratelli e non, tranquillamente cambiato, invertendo le festività.

Tratto da
V. Ago, Il Confratello - notiziario dell'Arciconfraternita del SS. Crocifisso e Monte dei Morti di Sessa Aurunca - Anno III - n. 8, Marina di Minturno (Lt), 2004
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